Ci devi fare l’abitudine

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“Sono abitudinario leggo la targhetta sopra l’ascensore. Qual è la capienza, quanti chili porta, poi si apre la porta e non lo so già più…”
Così Elio cantava in una canzone tanti anni fa…
Ma tanti davvero. Tipo che molti di voi erano ancora girini nella sacca scrotale di papà.

Elio narrava un elenco di abitudini che un essere abitudinario era solito ripetere.
A me capita di essere abitudinario riguardo The GameFathers.
Ogni tanto ri-scarico una delle nostre puntate più recenti e ne analizzo le diverse sfaccettature.
Quante parole ho sprecato per poter esprimere un concetto potenzialmente molto più diretto?
Quante parole ho risparmiato per un argomento che avrei fatto meglio a scandagliare più approfonditamente?
Quante volte il Gatto dimosterà di non aver ancora capito che il verbo è “esperienziare” e non “esperrenziare” o “esperrenzare“?
E i “pochettini” di Lodoss?
E i monologhi robertobenigniani di Viperfritz?
Solo Alvise si salva,per ora… ma solo perchè è ancora un infante nonostante l’enorme gap generazionale in mio favore.

Mi è capitato di riascoltare una puntata registrata a fine maggio, la n°39 per essere precisi.
La puntata fu extra-speciale, perché per la prima volta ingaggiammo 5 ascoltatori fra il pubblico che si candidarono per un posto da “ospitone” in una puntata (quasi interamente) dedicata a loro.

Riascoltando la puntata, mi sono reso conto che una frase di uno dei ragazzi ospiti mi era sfuggita.
Si parlava di FF13 Lightning Returns, il bistrattato titolo che all’epoca solo lui e un altro ragazzo ospite ebbero modo di giocare.
Non me ne voglia il diretto interessato, mi scuso anticipatamente, ma non ricordo chi ne parlò nello specifico. Forse Francesco, forse Andrea, forse Fabio. Chiedo scusa.

Mentre si parlava di come il gioco potesse stupire gli abitudinari del gioco di ruolo, grazie all’introduzione del fattore timer che obbligava chiunque ad avere il pepe al culo, dalla bocca di uno dei ragazzi uscì questa frase.

“Le meccaniche di gioco non sono semplici, ci devi fare l’abitudine“.

Ci devo fare l’abitudine?
Questo è un ottimo spunto di riflessione perché potenzialmente si possono trarre mille conclusioni.
Quanti sono al giorno d’oggi i giochi le cui meccaniche non sono proprio così elementari?
Provate a ragionare soprattutto con la mentalità di una persona che non si approccia ai videogiochi quotidianamente.
Secondo me, se tutti ci pensiamo un po’ seriamente, potremmo snocciolare facilmente una serie di titoli a cui noi ci siamo dovuti abituare.
Ma è corretto un tale approccio ai videogiochi?

Siamo noi che dobbiamo abituarci a loro?
Siamo noi che dobbiamo adeguarci a ciò che chi ha prodotto il videogioco ha voluto proporci?

E’ normale che nel 2014quasi15 escano ancora giochi le cui meccaniche debbano essere mandate giù a forza nel nostro gargarozzo nella speranza che si riesca a comprendere (e a farsi andar bene) un titolo?

Vi dico la verità. Secondo me no.
No dal mio punto di vista, no dal mio modo di giocare a 33 anni.
Se le meccaniche di un gioco non riescono a prendermi, non ho più il tempo materiale di adeguarmi ad esse. Passo ad altro.
Certo, non timbrerei il gioco come “titolo di merda”, ma ammetto di non aver più la pazienza per far in modo che io diventi il videogiocatore “su misura” per il titolo.

Ma vivo nella speranza che sempre più videogiochi vengano creati “su misura” per me e per le mie esigenze.
Voi siete i sarti di voi stessi adeguandovi o cercate di dar sempre più spazio a videogiocati “creati apposta per voi”?

farenz2

Prova a cercare ancora!

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53 Più commentati

  1. Ciao Farenz, domanda interessante, e come molti prima di me ti risponderò con un “dipende”. Penso ad esempio a un gioco come Monster Hunter che ha bisogno di un enorme numero di ore per imparare ad utilizzare le armi, studiare i movimenti dei mostri, combinare piante, funghi, ecc. ecc…. Per cominciare a giocare “seriamente” ci vogliono almeno una trentina d’ore. Il gioco vale la candela? Sicuramente sì perché si viene ricompensati per lo sforzo, i risultati si vedono, si cresce e si migliora costantemente anche se lentamente. E’ un gioco adatto a tutti? No, perché se non ci si applica con costanza e non si mette in conto un innumerevole numero di cristoni lo si metterà a prenderà polvere su uno scaffale nel giro di una settimana. Credo quindi che la tua domanda dipenda molto dalla nostra “predisposizione” a perdere un certo numero di ore in attesa di una probabile futura ricompensa: naturalmente questo processo non deve scadere nella noia assoluta o nella frustrazione, ma questo dipende anche in parte dalla nostra “resistenza”, la nostra curiosità a continuare e il nostro amore per un certo gioco o certe meccaniche.

  2. Secondo me questo è un discorso pericoloso, perché è proprio secondo questo discorso che i giochi sono sempre più tutti uguali.
    Sarò io che sono strano, ma mi piace essere sorpreso da un videogioco: se sp già cosa succederà, mi annoio incredibilmente e lascio perdere dopo un paio d’ore. Poi, certo, è ovvio che se un gioco non mi piace non lo finisco, non ho il tempo per farlo, ma non vorrei mai che i videogiochi fossero tutti “secondo i miei gusti”… anzi, spero sempre che siano più diversi possibili!

  3. Mi viene in mente Dark Souls,ricordo le prime volte che lo giocai (e le bestemmie e la rabbia).Poi però ho capito che stavo sbagliando,che lo stavo giocando nel modo sbagliato,che il mio ritmo era diverso da quello del gioco e che dovevo abituarmi a seguire questo ritmo se volevo finire il titolo.Cosi è stato,ed ora quel tipo di gameplay è il mio preferito.
    Questo per dire cosa?Che doversi abituare ad un nuovo tipo di gameplay può risultare difficile,ma non siamo noi gli stronzi che continuano a lamentarsi che non c’è innovazione?
    Ovviamente c’è da specificare:doversi abituare a delle meccaniche perchè sono nuove è un conto,doversi abituare a delle meccaniche perchè fanno schifo è un altro.
    Faccio un esempio più recente:dragon age.
    In passato non era riuscito a farmi piacere questa saga perchè odiavo il concetto di dover usare 4 personaggi,e insistevo nel voler controllare solo uno e fanculo gli altri.Ora invece con Inquisition ho accettato questo fattore (anche grazie all’aiuto di un amico che me lo ha fatto provare) e dopo averlo provato giocandolo come si deve ho capito che ero stronzo io.
    In conclusione una riflessione:
    Hai presente quando ti sei lamentato del fatto che splinter cell convinction ti aveva fatto cagare perchè non era uno stealth,mentre tantissima altra gente lo aveva esaltato proprio per questo?Bene,quella gente lo aveva trovato migliore perchè non volevano abituarsi al fattore stealth,e hanno spinto i produttori a semplificare e modificare il gameplay in qualcosa che già conoscevano.Qualcosa a cui erano già abituati.
    Ben vengano i giochi a cui mi devo abituare,perchè vuol dire che c’è cambiamento,che c’è differenza.Certo alcuni cambiamenti potranno essere in peggio,ma senza cambiamento non c’è nemmeno miglioramento.

  4. Mi sta capitando proprio ora con The Evil Within: Sebbene sia simile a giochi che ho finito svariate volte (RE4), la visuale troppo ravvicinata, le bande nere e le meccaniche che prevedono la morte immediata del personaggio mi rendono difficile la digestione di un titolo di cui, potenzialmente, potrei innamorarmi. Sto invecchiando? Forse… Ma ad oggi per 70 euro pretendo la massima fruizione possibile, e laddove delle scelte siano discutibili (bande… nere???) l’opzione per poter decidere a mio piacimento se disattivarle o meno. Concordo con Farenz, basta titoli da capire.

  5. Io credo che, indipendentemente dalla difficoltà delle meccaniche, i gioco debba divertire e intrattenere.
    Mi spiego meglio:
    Se ci sono delle meccaniche complesse, che richiedono tempo per essere automatizzate, allora il gioco deve essere strutturato in modo che sia divertente imparare tali meccaniche. Deve “prenderti bene” sbagliare e riprovare, il fulcro di tutta l’esperienza deve essere quello, altrimenti diventa un gioco di nicchia.
    Mi viene in mente i primo splinter cell, il modo di giocare era complicato, avevi mille cose da controllare, ma era divertentissimo farlo.
    quando le meccaniche sono semplici, il più delle volte si tratta di un gioco basato sulla trama da seguire, oppure di un gioco immediato tendente al casual (accezzione che per me non è affatto negativa)

  6. Io mi adeguo al gioco di solito.
    Se si parla di difficoltà e prendere domestichezza sono io che devo adattarmi.

    Facendo sempre più giochi che invece si adattano al videogiocatore e quindi alla massa, sono venute fuori sempre più delusioni e giochi troppo accessibili, che perdono quel senso di sfida e quella cosa che una volta c’era sempre: “studio delle situazioni, svolgimento e completamento”

    Se invece sono meccaniche proprio pesanti come il tempo per FF XIII – Lightning Returns allora no. Il gioco stà bene dove stà.

  7. Forse non dipende tanto dal quanto si sia veterani del videogiocare, probabilmente è più influente il fatto che
    come dici tu, “passo da altro”, è proprio quell’ “altro” che una volta mancava.
    Checcè se ne dica, la qualità media delle produzioni videoludiche è aumentata e anche di parecchio..
    Ricordo i tempi del N64 quando usciva (o potevo acquistare) un titolo ogni chissà quanti mesi, se compravo qualcosa
    che per me era nuovo o complicato mi ci dovevo adattare per forza, altrimenti non avevo altro a cui giocare.
    Adesso se uno … (aggiungi un genere a caso) noni è familiare o lo si trovo “stancante” da giocare, ce ne sono altri
    4-5 o 10 che certamente sono dello stesso livello ma più semplici..
    Questo credo sia almeno una parte del problema (se così vogliamo chiamarlo).

  8. mah…non mi è chiarissimo cosa intende Farenz x meccaniche
    Se intende le funzioni dei tasti sul pad (o tastiera), beh…non vedo il problema…imparare una nuova ‘combo’ x un videogiocatore è come x un chitarrista imparare un nuovo accordo :-)
    Se invece intende qualcosa tipo i timer su gta, o lo scazzamento di vestire il proprio pg sui gdr o robe del genere…allora ni. Nel senso che se il gioco è più che interessante e divertente allora posso sorvolare su certi difetti, ma se il gioco non mi convince nemmeno su altri aspetti….allora lo cestino!!!
    ES: murdered: soul suspect, partito anche benino, ma abbandonato dopo 2 ‘missioni’. Trovo inconcepibile che mi obblighino a cercare tutti gli indizi, anche con odiatissimo backtracking, anche se mi bastano quelli che già ho per arrivare a capo del caso -.-‘
    Ryse è un altro esempio…il gameplay è una merda, non è divertente, finito solo xkè sapevo che durava poco e per vedere se da qualche parte c’era sta ‘supergrafica’ di cui mi parlavano: deluso anche su quel fronte

  9. Non pensavo che il mio vaneggiante sproloquio, vittima dell’emozione podcastiana, sull’ultimo Final Fantasy desse il via ad un argomento così profondo e interessante. Secondo me un mondo dove la creazione di un videogioco è “su misura” di tutti è un’utopia. Dovrebbe essere un “rapporto di coesistenza” ovvero io mi devo adeguare al gioco ma il gioco, e di conseguenza gli sviluppatori, devono anche essere flessibili e adeguarsi a me, se manca una di queste ovvero gioco troppo inacessibile per le sue meccaniche, come può essere Demon’s Souls, o bene o male accessibili ma che non riesco ad abiturami ad esse, come per molti e all’inizio anche per me Lightning Returns, il gioco prende il volo. Ovviamente è un opinione personalissima, la domanda è una ma ci sono diecimila risposte esatte.

  10. Secondo me il problema non sussiste…solo per il fatto che (come hai scritto nell’articolo) ci siamo già abituati altre volte, anche quando eravamo più piccoli xD
    Oggi i giochi devono essere cazzoni e controversi, con 100 tutorial (che magicamente non me ne ricordo mai uno) e 1000 combinazioni di tasti disponibili. Una volta c’era più rispetto per i nostri cervelli :( il gioco lo imparavi giocando, non leggendo stupidi pop up.
    Non centra nulla con l’articolo, ma ho appena visto la live su Unity su Twitch…il doppiatore di Arno è lo stesso di Karasu (Corvo) di Yu degli Spettri.

  11. Secondo me è giusto adattarsi, io considero i giochi magari non tutti comunque delle opere di intrattenimento create in un certo modo. Ad esempio vede gente lamentarsi per il sistema di combattimento del nuovo dragon age , chi lo voleva più action , chi con un combattimento simile a dark soul … Cavolo è un gioco gli sviluppatori hanno preso quella scelta va giocato così e non lo puoi definire merda per questo ma semplicemente puoi dire non è nelle mie corde questo tipo di gioco. È come se si prende un film e si vuole cambiare il finale perché non piace ma l autore quello aveva in mente almeno secondo la mia opinione

  12. Credo che occorra chiarire che “abituarsi” è una cosa, “scendere a compromessi” per giocare un titolo è un’altra…

    Io mi posso abituare a giocare a un gamplay di tipo GDR, TPS, FPS, ecc. aspettandomi determinati cose, deve essere chiaramente in base al gioco e a quanto sono intenzionato a finirlo che poi subentra il “scendere a compromessi”.

    E anche vero che credo che sia necessario, ora più che mai, cercare per gli sviluppatori il modo di interrompere determinati schemi introducendo qualche “novità” di sorta… l’importante è non finire a fare battaglie navali come in AC.

  13. Io sono un ragazzo che non compra molti videogame all’anno…ma il videogame mi deve prendere,se no viene portato indietro al negozio. Questo é stato il caso di AC Revelations,gettato fuori dalla finestra dopo qualche ora. Oppure come i CoD che dopo MW2 mi hanno fatto schifo. Anch’io preferirei un gioco fatto su misura per me,ma sarebbe un po’ difficile accontentare i miei gusti videoludici

  14. Ah, guarda, io ogni volta che passo da un gioco all’ altro, anche se già giocato, anche se su una console completamente diversa, devo ogni volta riabituarmi ai comandi e alle meccaniche.
    Tipo recentemente quando ho ripreso Dead Space dopo Watch Dogs, e per correre mi veniva automatico premere R2 invece di L2.

  15. Io credo che se ci fossiliziamo solo sui giochi a cui siamo abituati mangeremo sempre la solita minestra rischiando di perdere il dolce.

  16. Secondo me un gioco dovrebbe avere delle meccaniche ed un gameplay semplici, ma difficili da padroneggiare.
    Prendiamo Quake, meccaniche e controlli a prova di idiota, ma dovevi farci la mano per mirare bene e ricordarti a memoria le mappe per muoverti nel modo più efficace.
    Ora ho fatto un esempio su un gioco multiplayer, ma lo stesso vale per i giochi singleplayer.
    Preferisco un gioco con 4 tasti, ma impegnativo perchè devo stare attento alle mosse del boss per sopravvivere, piuttosto che un gioco con 300 tasti da usare o mille menù da scorrere, ma con boss che crepano in 2 colpi appena mi abituo al gameplay legnoso.

    PS: Comunque cosa c’era di difficile da farci l’abitudine in FF, lo sa solo lui xD

  17. io personalmente son (quasi) sempre riuscito a padroneggiare i comandi di ogni gioco che ho intrapeso, perchè ho scritto un “quasi” in traparentesi? perchè ovviamente ci sono delle eccezioni! cito per esempio monster hunter, ci sono vari motivi per cui sto gioco non mi ha appassionato più di tanto (la mancanza di trama è una di queste) però anche l’idea di andare in giro solo a squarciare delle bestie leggendarie mi faceva gola, però ho realizzato ciò che personalmente non mi sarei mai aspettato. non sono MAI riuscito a padroneggiare i comandi di combattimento, ho giocato per 15 ore provando un pò tutte le armi e manco con una mi son trovato bene, forse anzi sicuro per la mancanza del Lock sui nemici cosa che mi faceva mancare i colpi ogni cazzo di volta, poi mettiamo il tempo che mi ci sarebbe voluto per imparare a giocare e a raggiungere i big monster bè decisi di lasciarlo su scaffale, MH l’unico gioco a cui non mi sono abituato ancora oggi!

  18. Direi che si tratta di un ottimo spunto di riflessione, con una conclusione condivisibile da quasi coetaneo quale sono (senza troppa vergogna, dai, ché siamo ancora giovani. Dentro almeno…).
    Attualmente al giocatore viene demandata una massiccia dose di collaborazione, nei videogiochi. Quasi come se dovesse essere il videogiocatore stesso a cogliere l’opera prima di un game developer nella sua interezza e complessità solo essendo, appunto, un videogiocatore a tutto tondo e nel senso più stretto del termine.

    Diversi sono i casi in cui ci si sente dire, da parte di altri più “skillati”, frasi come “è tutta questione di abitudine” o “sei una pippa perché ancora non ci sei abituato”. Che poi le due frasi sono sostanzialmente sovrapponibili, ma la seconda è senz’altro più colorita e trova spesso più facilmente posto tra le pagine dei vari social network et similia.

    Secondo me, sotto questo punto di vista, Nintendo ha compiuto certamente un lavoro non da poco: adattare il gioco al videogiocatore, prima con Wii e ancor prima con il DS, poi con Wii U (anche se in maniera meno plateale) e, sulla falsariga del predecessore portatile, con il 3DS, nelle sue varie iterazioni. E, ovviamente, con dei titoli che possano evitare al giocatore meno abile o, se vogliamo, semplicemente meno attento e/o più pigro, di sentirsi denigrare per la sua scarsa voglia a “farci il callo”.

    Non dubito, come giustamente hai scritto tu, che i videogiochi in questione possano anche essere considerati degli ottimi titoli ma sovente si assiste ad un inasprimento delle meccaniche di gioco, ad una sottrazione di quella immediatezza e intuitività che – come standard – dovrebbero sottendere ad un qualsiasi titolo, sia esso complesso o semplice.

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