Argomento serio.
Recentemente ho avuto modo di giocare e portare a termine Life is Strange. Premettendo che parleremo più dettagliatamente del titolo Square Enix in qualche Live o Podcast, volevo confrontarmi con voi utenti su un aspetto dei videogiochi che come questo, cercano di stimolare determinate corde nell’animo del giocatore.
Life is Strange non è il primo titolo che punta sul far entrare in empatia il videogiocatore ed i protagonisti del videogioco. Basti pensare a To The Moon, Sunset, Her Story, Heavy Rain. E’ vero anche che questa empatia, si rivela più efficace se videogiocatore e personaggi hanno qualcosa in comune. Il freno maggiore che alcuni giocatori più attempati potrebbero avere nell’avvicinarsi a Life is Strange, è la consapevolezza che la protagonista sia una diciottenne.
Cosa potrebbe mai avere in comune un uomo di trentacinque anni con una diciottenne?
Probabilmente nulla.
Le rare volte in cui io penso ai miei 18 anni (il lontano 1999, la “famosa” fine del ventesimo secolo di Kenshiro) non provo nostalgia ma mi pongo le classiche domande “cosa sarebbe successo se….” … i classici “what if” che ci colgono a sorpresa mentre ci facciamo la doccia o quando non riusciamo a dormire.
Life is Strange è stato doppiamente bastardo con me, da questo punto di vista.
La perfetta caratterizzazione di Max, la protagonista, mi ha fatto rivivere tutta quella parte della mia vita in cui era ancora tutto da scrivere, in cui ero pieno di sogni e speranze, in cui pensavo che avrei potuto fare qualunque cosa, in cui ogni giorno riservava sorprese, in cui riuscire anche solo a parlare con la ragazza che ti piaceva era una conquista, etc…. Un periodo che non tornerà mai più, tanto bello quanto amaro se posto di fronte alla fredda e scialba rotuine che caratterizza l’età adulta, fase priva di stimoli e sempre uguale a sé stessa, rotture di palle permettendo.
E’ inutile negarlo quindi: nel mese che ho dedicato a questo titolo, sono stato un uomo di 35 anni con problemi intestinali e mal di schiena, che con le sue mani ormai già un po’ rugose governava una ragazza che aveva ancora tutta la vita davanti. Grazie Square Enix.
A queste piacevoli sensazioni che questo gioco mi ha trasmesso, si va ad aggiungere la parte “fantasy” in grado di far sognare chi , come me e sicuramente molti altri, si è posto nella vita i famosi “what if” di cui sopra.
Max, come il protagonista del film “The Butterfly Effect” che tanto mi colpì quand’ero ragazzo, può fare ciò che tutti noi abbiamo sempre sognato: cambiare il corso degli eventi. Può tornare in quel preciso istante in cui un determinato accadimento ha cambiato il suo destino o quello di chi gli è caro e modificare così il futuro.
Per quanto pericoloso ciò possa essere, chi tra di voi non vorrebbe un’altra chance? Chi non vorrebbe non aver commesso quell’imperdonabile errore che ci ha portato ad una vita fatta anche di rimpianti (e dubitate di coloro che dicono che di rimpianti non ne hanno: sono le persone che più soffrono e che a volte nemmeno ne sono consapevoli).
Ciò che ora mi chiedo e vi chiedo è: ma in tutto questo, dov’è il divertimento? Posso dire di essermi divertito giocando a Life is Strange? Io lo troverei inappropriato. Ecco allora che si svela a noi un’altra, forse palese, verità: un videogioco non deve essere necessariamente divertente per poterci piacere.
Deve saperci colpire.
Voi che ne pensate?
Io mi ritrovo molto in un’espressione che usate spesso voi nell’angolo, ovvero esperienziare. Quello che cerco in un videogioco è proprio un’esperienza differente dal quotidiano, a volte può essere il semplice bisogno di un’ora di divertimento, altre la ricerca di qualcosa di più profondo, che lasci qualcosa su cui pensare anche dopo aver riappoggiato il pad al suo posto e in questo un titolo come life is strange riesce meglio di molte produzioni maggiori.
per me è più semplice ricordare e amare un titolo come to the moon (ben lontano dai parametri convenzionali di un videogioco) rispetto ad un qualsiasi far cry, batman ecc.. proprio perchè, a differenza di questi ultimi, (che mi hanno intrattenuto per molto tempo per il loro gameplay divertente e ben studiato) il primo è riuscito a colpirmi nell’animo talmente forte da essere impossibile per me dimenticarmene.
Secondo me infatti un gioco per essere un capolavoro deve avere una buona storia e dei personaggi ben caratterizzati, altrimenti, anche con un gameplay della madonna, si rischia di cadere subito nella noia più totale
*92 minuti di applausi*
Completamente d’accordo con te.
Nel campo videoludico io principalmente cerco il divertimento, ma perché buona parte dei generi che gioco sono fortemente legati a questo sentimento.
Esistono però categorie come questa in cui più del divertimento cerco il COINVOLGIMENTO, e ciò è dato dalla trama, dalla bravura degli scrittori nel farmi appassionare ad una vicenda ed ai protagonisti.
E, almeno da questo punto di vista, con Life is strange ce l’han fatta.
Farenz, non hai più scritto nulla sul gioco… ne parlerai? Ti è piaciuto?
dipende sempre dal bilanciamento delle cose e da quello che uno ricerca nei videogiochi che sceglie.
io non so se esiste il gioco perfetto però per quanto riguarda i miei gusti personali la saga di Mass Effect rappresenta quello che voglio in un videogioco un ottimo bilanciamento tra personaggi carismatici , una storia appasionante e un gameplay divertente.
una semplice storia appassionante non mi fa gustare il titolo come vorrei se il gameplay è lento e macchinoso.
detto questo Alvise per favore giocati Undertale merita assolutamente ,se ho capito un po’ i tuoi gusti videoludici ti farà andare via di testa.
Io cerco quasi sempre, o almeno vorrei fosse presente in un videogioco, la capacità di coinvolgermi nella storia(giochi di corse e picchiaduro a parte). Poi è chiaro che alcuni titoli sono in grado di farlo meglio, e altri meno. Ad esempio The vanishing If Ethan Carter è riuscito a farmi immergere completamente nella storia, fantastica, che non mi ha propriamente divertito, ma mi ha appassionato. Poi ci sono giochi come calo of juarez gunslinger, che nonostante l’anima cazzara è riuscito, oltre che a divertirmi, anche a coinvolgermi e a farmi provare empatia per un personaggio “sfigato”. Ed ecco, in questo caso per me è un gioco fantastico.
Mha, il confine tra emozioni e divertimento nei videogames, non saprei ben delinearlo, spesso vanno di paripasso.
Ma posso immaginare le tue sensazioni, avendo giocato Heavy Rain, ma anche perchè no, Beyond 2 Anime.
2 giochi che hanno come protagonisti 2 personaggi che non c’entrano nulla col sottoscritto, mi sono Emozionato e perchè no, divertito anche nel giocarli.
Per quanto riguarda le tue “sensazioni” caro Omegashin.
I caxxi e maxxi miei non li metto su internet.
Ma ti dico che fino a qualche settimana fà pensavo spesso alla mia vita com’era un tempo…a come fosse stato se….
Poi cosa è successo, ho tirato fuori i coglioni e mi sono fatto aiutare da una psicologa e ora penso che l’unica cosa a cui non c’è rimedio sia la morte.
Non rinnego nulla, non butto nel cesso foto fatte con amici, amiche, fidanzate di anni fà, ma la vita và avanti e la mia vita può essere addirittura migliore di quella che avevo un tempo, a patto che io LO VOGLIA!
Detto questo giocherò senz’altro Life Is Strange, prima o poi :)
Viste le positive impressioni giocherò Life is Strange appena il mio collega me lo presterà (anch’io ho il mio “Paolo” di fiducia) anche se sarà dura ricordare gli anni di fine giovinezza/inizio età adulta.
Tuttavia credo che il problema di diventare adulti non sia tanto il fatto di avere rimpianti quanto il fattore stabilità lavorativa, affettiva, di vita in generale che a volte sembra una gabbia soffocante.
Omega,anche se avessi avuto una vita perfetta e avessi fatto tutte le scelte “giuste” credo che avresti comunque motivo di lagnarti di qualcosa perchè l’essere umano non è mai soddisfatto al 100%, avresti avuto lo stesso dei rimpianti e delle riflessioni sulla vita perchè il vero problema è il tempo che passa.
L’unica soluzione che vedo è cercare sempre di essere curiosi e di migliorare le nostre vite, fare nuove attività, buttarsi in qualche progetto per fare soldi (che alzano il morale), trovare nuovi amori (che alzano il morale e altre cose xD) e ovviamente divertirsi con qualche bel videogioco senza farsi troppe paranoie sulla grafica e fanboysmi inutili.
Ho 40 anni suonati, le mani sicuramente più rugose di Omegashin e da LiS mi aspettavo una esperienza alla “The Walking Dead”, ovvero una buona storia, un’ottima sceneggiatura, un’empatizzare col protagonista di turno, e vai così. Più spettatore che attore, una maggiore passività nel videogiocare in cambio di una storia che scorresse sullo schermo. Tutto già visto, da qualche tempo in qua.
Invece succede che LiS non solo è stato solo tutto questo, ma ha avuto anche la forza di lasciarmi dentro delle emozioni reali, un turbamento sincero, e una malinconia mai provata videogiocando.
Divertimento? No, non direi. Mi sono divertito a guardare Breaking Bad? Non proprio, è stata una sofferenza meravigliosa ma non è che mi sono sbellicato dal divertimento. Io ritengo una cosa enorme che il videogioco si sia aperto a contaminazioni con altre forme di intrattenimento (segnatamente, il cinema o la fiction televisiva di stampo americano), che ne abbia mutuato alcuni stilemi importanti (l’attenzione per il soggetto, per la sceneggiatura, la scelta della colonna sonora, i cliffhanger) e che oggi offra al videogiocatore un’esperienza arricchita.
Il videogioco per sua natura ha sempre mirato al divertimento, che filtrasse da immagini visive potenti, da una giocabilità immediata, o da una ambientazione riuscita. La trama ha sempre avuto un’importanza secondaria, strumentale, e per quanto potesse reggere era ed è comunque funzionale al lato videoludico dell’esperienza.
In questi giochi (e con LiS abbiamo probabilmente raggiunto il punto di arrivo, o forse il punto di partenza verso esperienze ancora più coinvolgenti) è tutto capovolto, e non ti resta che scorrere le pagine di questa storia, goderne a pieno le immagini, le musiche, i rapporti tra i protagonisti, e rimanerci di merda quando tutto questo finisce. E sorprenderti di come abbia fatto quello che appariva da lontano come un teen drama in forma di gioco a lasciarti così immalinconito ma anche arricchito allo scorrere dei titoli di coda.
Ho la metà dei tuoi anni e condivido ogni singola parola.
In particolare la differenza fra i “normali” giochi story-driven (in cui sei uno spettatore, per quanto privilegiato) e Life Is Strange (in cui ogni elemento è pensato per farti ESSERE il protagonista, immedesimarti al punto da pensare di essere tu ad agire, non Max).
Non avevo mai pianto, davanti a un videogioco.
A me Life is Strange non è piaciuto e non riesco a pensarla come te. Forse perché, purtroppo, non riesco a giocare al gioco senza pensare ad altri titoli di categoria simile (come già tu hai elencato: To the Moon, Heavy Rain, ma come anche The Walking Dead). Sta di fatto che a parer mio alcune caratteristiche del gioco lo rendano da “Meh..”.
– Decisioni senza senso, a volte addirittura volutamente diseducative;
– Coneguenze a queste scelte improbabili (della serie: qualcuno che ti odia a morte, dopo una frase scelta a puntino si sciolglie come miele);
– Meccaniche di gioco (anch’esse in un certo senso diseducative) che mi hanno dato rabbia: non importa se una decisione presa porta un pandemonio, nell’esatto istante successivo puoi cambiarla e tutto torna alla bella normalità;
– Ma queste stesse meccaniche possini diventare addirittura frustranti (ricollegandomi al punto precedente): in situazioni diverse ma totalmente simili nella tipologia (NON FACCIO SPOILER!! ma per capire: quelle particolarmente importanti.. rosse..), a totale discrezione dello sviluppatore ti è concesso o meno fare ciò che la protagonista sa fare. Di conseguenza, se in precedenza ti è permesso salvarti il culo senza assumerti nessuna responsabilità (tanto posso cambiare decisione dopo), in una situazione simile, capita di non poter rimediare, lasciandoti di merda senza un senso;
– I (o meglio IL) finali: (ANCHE QUI NON FACCIO SPOILER) penso sia oggettivo che di fatto il finale della storia sia uno: il secondo è di fatto buttato la, alla bene e meglio, senza dettagli ne battute (e vogliamo parlare del lato morale di questo particolare finale?).
Il lato tecnico non lo tocco perché non importa (anche se posso dire che su ps3, la vsync non sarebbe stata male).
Sia chiaro, parlo di diseducazione e di cattiva morale solo per il tipo di gioco che Life is Strange è. Non si tratta ne di GTA, ne di un Hitman ne di un Mass Effect. Parliamo di un gioco pensato per adolescenti in cerca di “io so ribbbelle” tra sessualità incerte e decisioni affrettate e tutto ciò gli è dato così, perché li esalta. Il problema della sessualità adolescenziale viene trattato anche in Back Home, titolo noioso, si, ma quel particolare tema viene trattato con molta più dolcezza e meno qualunquismo.
Io trovo inaccettabile in un gioco dove nella prima schermata ti dice “in questo gioco le tue scelte cambiano la trama. scegli saggiamente (o wisely, in inglese)”, quando ogni scelta, se non 3 o 4, può essere rivista subito dopo..
Ed il fatto di impersonare una 17enne poco c’entra.. in TWD 2 impersoniamo una bambina (certo, in un contesto decisamente più improbabile), ma ogni decisione è di sicuro più ragionata e soprattutto porta a conseguenze che quelle sono e quelle rimangono: se fai la cazzata, paghi.
Posso dirti che non hai capito il gioco?
Ci sta, eh, per dire io non ho mai capito rpg e fps, però non hai proprio capito come giocarlo o cosa ti volessero dire gli sviluppatori!
Poi, per inciso, le scelte si possono cambiare, è vero… nei 20 secondi successivi alla scelta, però, senza quindi avere idea di quali saranno le conseguenze a lungo termine di quello che hai fatto.
Anzi, le scelte hanno molto più significato in LIS che in The Wolf Among Us (dico questo perché l’ho giocato), nonostante il gameplay sia comunque più profondo che nei giochi TellTale, perché il loro effetto è tutt’altro che banale.
@albasser: non mi trovi d’accordo per molti motivi. Ovviamente prescindo dal gusto personale, ma come storia a bivi LiS nel corso del gioco lascia molta più influenza al giocatore di TWD. Il poter tornare indietro è ancorato ad una sola scena di gioco alla volta, ed una volta lasciata alle spalle la scelta fatta per ultima si cristallizza. In TWD le scelte che facciamo possono far morire o vivere personaggi secondari, ma la trama scorre in un binario unico e immodificabile. Alzi la mano chi ha giocato a TWD2 con la stessa curiosità della prima serie, quando credevamo davvero che ogni nostra scelta potesse modificare il corso della storia, cosa che alla fine vediamo non essere assolutamente vera.
Ma c’è di più. Anche in LiS c’è una storia che ha un racconto di fatto non modificabile. Ma tutta questa apparente modificabilità unita al suo sostanziale contrario ha un senso. C’è un piano temporale costantemente oscillante tra passato, presente e futuro in cui una delle morali di fondo è che anche avendo il potere di modificare il destino, il farlo è difficile ha un costo immane e intollerabile e che il corso degli eventi naturale ha una capacità di resistenza a questi cambiamenti (in fondo è la morale stessa di 22/11/63 di King).
Le scelte in TWD sono tante ma del tutto ininfluenti per il corso degli eventi principali (a parte qualche eccezione) e a ben vedere incidono nell’ambito della modifica dei rapporti psicologici tra i personaggi molto meno di quanto si pensi. In LiS il paradosso è voluto: ti diamo la possibilità di scegliere, di modificare le tue scelte, di agire tra passato e futuro, eppure, come albasser ben dice, il finale della storia può essere solo uno (e l’altro/altri possibili finali sono la dimostrazione della loro stessa improponibilità e del conto salatissimo che la modifica arbitraria degli eventi presenta).
Io ci trovo una incredibile profondità nel concept di questo gioco. A parte le emozioni che può dare, soggettive, a parte l’empatia che si crea con i protagonisti principali, il soggetto e la sceneggiatura sono coerenti e granitiche.
Sulla diseducatività delle scelte, non riesco a capire di cosa parliamo. LiS narra una storia che pur con tutta la malinconia che trasuda porta in scena roba da cronaca nerissima, tosta, e chi l’ha giocato sa bene di cosa parlo. Abbiamo il potere di far vivere o morire qualcuno? Di cambiare in meglio o peggio il suo destino? Cosa c’è di diseducativo in questo? (a parte che quando si parla di diseducatività di qualunque forma d’arte mi vengono in brividi sulla schiena) Nei videgiochi possiamo fare qualunque cosa vogliamo, e il prezzo etico o morale lo paghiamo dentro al gioco. Fine. LiS, come qualunque videogioco, non educa a nulla. Comunica qualcosa, se ci riesce, e a qualcuno ha comunicato una storia di grande senso e impatto emotivo, ad altri no. Ma questo è nell’ordine delle cose.
Sono d’accordo con la conclusione a cui sei arrivato: “un videogioco non deve essere necessariamente divertente per poterci piacere”.
La mia esperienza mi racconta che spesso sono proprio i videogiochi che riescono a coinvolgerti quelli che poi ti restano impressi nella testa, come succede con un ottimo libro o con un testo di una canzone. Detto questo, questo tipo di opere vanno a segno anche se giocate in un momento della vita particolare. Mi spiego: ho giocato to the moon nel periodo in cui avevamo appena scoperto “quel brutto male” al mio papà…è ovvio che il mio pianto finale era anche legato alla mia situazione emotiva, tirata fuori alla grande da quel titolo. Forse Life is Strage ti ha trasportato ancor di più di quanto fatto con altri perchè ora, nella tua vita, stavi già facendo i conti con quello che è stato e che non tornerà…per fortuna direi!T’immagini tornare a 15 anni, io non lo farei :)
Miglior videogioco mai esperienziato.
Gioco del decennio
Ma per questo tipo di titoli non sarebbe meglio trovare un appellativo diverso da videogioco?
Sarò onesto: mi sono anche divertito a giocare a Life is Strange, più che in molti altri giochi story driven (per dire, HR e Beyond).
Ma, a parte questo, non mi è mai PIACIUTO così tanto un videogioco, prima. Non mi ero mai messo a piangere davanti ad un videogioco, non avevo mai provato emozioni tanto forti, non mi ero mai immedesimato tanto con un personaggio come con Max Caufield, mai voluto tanto bene a un altro come a Chloe Price, non avevo mai sentito tante volte di fila la stessa canzone (Spanish Sahara dei Foals, i pianti che mi ci sono fatto) né apprezzato tanto un gameplay così minimalista.
Senza contare che, oltre ai vari premi che ha preso come videogioco, avrebbe potuto prenderne altrettanti come serie TV, così come Zerocalcare ne ha vinti come letteratura, non solo come fumetto.
L’unico altro gioco che abbia mai avuto tanto effetto su di me è Link’s Awakening, che fu uno dei primissimi che giocai, il primo “mio” sulla “mia” console, e uno dei più grandi capolavori per console portatile di sempre, ma stiamo parlando di 20 anni fa.
Non ringrazierò mai abbastanza Dontnod, né spenderò mai abbastanza per i loro giochi.