L’evoluzione del Replay

Vi dirò la verità.
Questo articolo vede luce come costola di uno dei miei ultimi articoli prima di partire.

Avrei voluto scrivere un editoriale intero sulla rigiocabilità, ma probabilmente leggerlo vi avrebbe portato via un pomeriggio intero.
Di conseguenza ho preferito riassumere il tutto in due articoli a cui spero parteciperete vivamente.

Abbiamo parlato dell’importanza della rigiocabilità.
Ora parliamo di come questo elemento si sia modificato nel corso del tempo.

Dalla fine degli anni ’70 fino verso la metà inoltrata del decennio successivo il videogame aveva due soli scopi: accumulare punti e battere il record.

Scrivere le proprie 3 iniziali di fianco al simbolo “#1” nella schermata del cabinato all’oratorio era per me (e per molti di noi vecchi videogiocatori) un motivo di vanto veramente irripetibile.

Peccato che il sottoscritto sia riuscito in quest’impresa solamente con Tetris e con Street Fighter 2.

Poi che successe?
I giochi diventarono sempre più articolati, complessi e profondi, sia a livello di gameplay che (soprattutto) a livello di trama.
I supporti dei videogiochi stessi diventavano più avanzati: su alcune (rare) cartucce erano presenti delle piccole memorie che consentivano un qualcosa di immaginabile fino a pochi anni prima…. i salvataggi!

Ed è stato proprio questo elemento (…ehm… Zelda vi dice qualcosa?) ad aver cambiato il volto dei videogames.

Ora siamo abituati a giochi di 10-20…130 ore…. ma sono l’unico a provare nostalgia al solo ricordo della schermata “High Score”?

Prova a cercare ancora!

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Il Game Pass è il cancro dei videogiochi?

Beh? Mi sembra di aver scritto l’altro ieri l’ultimo articolo ed invece… Mi è nata ...

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