Prosegue il mio periodo di gran spolvero delle console portatili.
Dopo mesi di inattività di 3DS, ripresi in pompa magna da circa 90 ore su Bravely Default, sono poi passato a PS Vita con un’emozionante decina di ore (credo) spese per Hotline Miami.
Perché quindi fermarsi?
Perché interrompere questa striscia positiva?
Perché non rimanere ancora un po’ in compagnia della portatile Sony, la console che vanta sì tanti titoli ma di cui un buon 50-60% è già uscito per altre console?
Ma soprattutto… perché non giocare a quei cazzo di giochi che compri a 10 euro e che poi non inserisci mai nello slot?
La risposta a tutti questi perché si racchiude in una sola parola.
Tearaway.
Tearaway è quel classico gioco che…
– viene presentato ufficialmente
– ti sembra interessante
– esce nei negozi
– decidi di non comprarlo al D1 perché Sony lo fa uscire nello stesso giorno di uno Zelda, portatile tra l’altro
– aspetti a comprarlo nella speranza che un tuo amico lo acquisti e ti dica che ne pensa
– ti rendi conto che hai amici rabbini
– il gioco comincia a calare di prezzo ma ormai sono passati diversi mesi e senti odore di gioco gratis col Plus
– GameStop lo rende disponibile per un mese intero a 9,98 euro scatolato
Non resisti al richiamo “del 10 euro” ed infine lo compri.
Ci giochi e decidi di scriverne sull’Angolo.
Ma…. credete che sia qui per parlarvi del gioco? Avete sbagliato blog. Come sempre, si parte dal gioco per parlare di altro… ben più ficcante.
Già, perché Tearaway nel complesso è un gioco che mi sta dando soddisfazioni… ma… c’è sempre un ma.
Senz’ombra di dubbio, a distanza di due anni dall’acquisto di PS Vita, Tearaway è il titolo che mi ha permesso di utilizzare maggiormente le peculiarità hardware che Vita è in grado di offrire.
Touchpad posteriore, touchscreen, fotocamera davanti, dietro, di fianco… tutto viene sfruttato e soprattutto viene sfruttato BENE, in maniera intelligente e ben amalgamata con il gioco stesso.
Finiti gli elogi doverosi, passiamo al “ma” accennato poc’anzi.
E qua entra in gioco Viperfritz e il titolo di questo articolo.
Vi ricorderete sicuramente il polverone scatenato dall’articolo di Francesco di qualche settimana fa riguardo quella ragazza che criticava i giochi di oggi per la loro inaccessibilità relazionata alle sue personali skill da videogiocatrice poco evolute.
Ciò che chiedeva era l’introduzione di livelli di difficoltà supplementari adatti anche a lei, adatti cioè a chi non ha anni ed anni di carriera videoludica alle spalle ma che vuole comunque immergersi ora in questo mondo, senza volersi però dannarsi l’anima nella ricerca continua del miglioramento delle proprie abilità.
Ebbene, come da titolo, ricordiamoci anche del contrario.
È un argomento affrontato sicuramente già altre volte ed io per primo sono mi reputo un portavoce di chi vorrebbe che nei videogiochi di oggi fosse più diffusa la volontà degli sviluppatori di inserire diversi livelli di difficoltà.
Ma se un gioco sarebbe preferibile affrontarlo in maniera più soft, non dimentichiamo che certi titoli (in passato citai per esempio l’intera serie di Assassin’s Creed) un livello maggiore di difficoltà non darebbe affatto fastidio, anzi.
Stesso dicasi per Tearaway.
Se per Assassin’s Creed vorrei nemici più intelligenti e più forti, con la conseguenza di un gioco nel complesso “più difficile”, per Tearaway vorrei invece poter selezionare una difficoltà maggiore per avere tra le mani un semplicemente… un gioco.
Perché Tearaway, per come lo sto esperienziando oggi, non è un gioco… è un corridoio.
Salta di qua, scavalca di là, aspira e sputa (schiocchi non fate battute) due nemici e prosegui.
Prosegui.
Prosegui.
Prosegui.
L’unico aspetto difficile di Tearaway è riuscire a farlo rientrare nel genere platform, in cui per definizione dovrebbe collocarsi, ma personalmente reputo i platfor tutt’altra cosa.
Quando leggo la parola “Platform” associata ad un titolo, automaticamente penso
“Ottimo, le probabilità che questo titolo mi farà bestemmiare come un caimano sono alte.”
E lo compro.
Faccio a meno di tirare in ballo esempi marieschi, raymaneschi o sonichiani vecchia scuola.
Tearaway è un titolo che potrebbe essere dato in mano ad un bambino di 5-6 anni: una di quelle applicazioni (quasi sempre) piuttosto care presenti su App Store, inventate solamente per tener occupato con un iPad un bambino di quell’età per 20-30 minuti, giusto il tempo necessario per permettere a mamma e papà di scalare il monte di Venere.
Quindi sì, ok… inseriamo livelli di difficoltà più morbidi per i non addetti al mestiere.
Ma anche i livelli più severi, più impegnativi, più rigidi…. pensati per i vecchietti che di rigido hanno solo il disco della propria console.
A questo punto mi sorge una domanda: ci sarà mai più un gioco che ci permetterà di giocarlo appieno, affinando i nostri sensi e lasciandoci quella sensazione di tristezza/felicità che ti fà dire:
“CAZZO SI, HO FINALMENTE FINITO QUESTO CAZZONE !!! ….e ora?”
meno male che un uomo può sognare -ò-